K metro 0 – Roma – “Sposerò Biagio Antonacci” è un monologo interiore, un “sogno lucido”, talvolta abbacinato, talvolta esilarante, che parla di noi donne, di tutte noi. In scena appare Anna ( personaggio interpretato dalla talentuosa Milena Mancini) avvolta in un telo dorato: il suo dire si dipana in modo fluido dietro un microfono in scena. Si rivolge ad un personaggio immaginario, al di qua della scena. L’interlocutore si moltiplica, divenendo pubblico. Le mani di Anna si muovono nervosamente, sembrano scavare la pelle nell’immagine proiettata: l’inquadratura del volto, in primo piano, scolorisce, via, via. Doppio simultaneo che accende improvvisamente la scena, durante i passaggi cruciali. Anna racconta del proprio femminile che cerca di vivere, lontano dai soprusi… non vuol solo sopravvivere. Grida felice che vivere, si può. Un femminile sempre armonico, erede di un materno dalle radici profonde: luogo arcaico, talvolta martoriato dal terremoto ,mai artefatto, dove un maschile paterno è “ crudo e rozzo” ma sincero e capace di amare. Ci si perde nel seguire il flusso dei racconti di Anna, quando, adolescente, ascoltava più e più volte, la musica del suo amato cantautore (l’ extradiegetico Biagio Antonacci, protagonista nel racconto e autore delle musiche dello spettacolo, n.d.r.).
“La violenza di genere attraverso il racconto di una donna normale: gli affetti, il compagno, le aspirazioni, i sogni infranti e quelli mai sfumati. Una vita spezzata da un uomo, come capita ogni giorno nell’indifferenza
generale e il sogno di sposare il suo cantante/idolo: non può essere normale che una donna venga uccisa,
molestata o costretta a subire qualsiasi forma di violenza da uomini indegni di essere chiamati tali”. Questa la dichiarazione del regista Vinicio Marchioni.
La zona d’ombra di Luca, una seconda Anna.
Quando in scena irrompe l’ansia del giudizio, il “super -ego” di Luca si fa materia nel monologo di Anna. La parola si adombra e diviene antitesi dell’amore iniziale : una zona d’ombra che restringe l’anima di Anna, finchè il corpo infelice si accartoccia su se stesso. Anna retrocede dallo status di donna-figlia a quello di casalinga-moglie, che fissa il tempo a misura dell’ uomo-aguzzino. Verso il finale, Anna scivola, nel dramma. La seconda Anna, per così dire, si fa manifesta, cupa, dolorosa…non ce la fa più. Basta! Il filo d’Arianna si spezza e si viene travolti dal Minotauro. Quel filo labile al quale è legato l’umore di Luca: o la vita, o …
Uno spettacolo denuncia.
Sul proscenio illuminato, Anna fa la conta delle vittime del femminicidio: amara conta. Soprattutto, perché, nell’ottanta per cento dei casi, l’aggressore ha le chiavi di casa… Siamo tutti chiamati a vigilare, dunque. Uno spettacolo, intelligente, delicato, ma incisivo. Monologo scritto da Milena Mancini, omaggio a tutte le donne e all’arte della musica, come quella, sempre bella,di Biagio Antonacci.