Federica Manzitti, Corriere della Sera Roma

04/03/2023

«In vino veritas»: Vinicio Marchioni all’Auditorium in uno spettacolo fatto di racconti personali, canzoni e poesie

«Ai normativi dico: vivere solo per produrre e consumare è una follia. Lasciateci lo spazio per godere, sennò qui è dura»

«Nel vino, la gioia della vita». Parafrasando il proverbio latino che dà il titolo allo spettacolo, Vinicio Marchioni racconta la ragione profonda di un progetto tutto suo, protagonista di una tournée che il 4 e 5 marzo fa tappa all’Auditorium (www.auditorium.com). In vino veritas alterna racconti personali, poesie, storie riprese dai miti classici e musica suonata sul palco da Pino Marino e Alessandro D’Alessandro. Omaggio all’ebrezza della vita ed errante viaggio nella poesia che il nettare degli Dei ha ispirato nei secoli, lo spettacolo mette l’attore romano in dialogo diretto con gli spettatori. Sebbene in questi primi mesi del 2023 sia coinvolto su tanti fronti — il cinema con Grazie ragazzi, la tv con Django la serie e la pièce Chi ha paura di Virginia Woolf? diretta da Antonio Latella — Marchioni non ha rinunciato a questo progetto.

Perché?

«Dopo anni di prosa e di personaggi, è nata in me l’esigenza di vivere una dimensione più intima e franca con il pubblico. L’idea è maturata durante la pandemia, ma oggi mi spinge anche la voglia di fare festa e condividere l’entusiasmo».

Un antidoto ai pensieri cupi?

«Viviamo correndo come criceti in una ruota. Sempre in affanno e spesso in ansia mentre percepiamo i disastri che ci circondano. Il vino è legato all’aspirazione profonda dell’uomo di elevarsi verso una dimensione trascendente oltre che alla gioia e allo stare insieme».

In scena evoca la figura di suo nonno Vinicio.

«Era un contadino ignorante sopravvissuto alla guerra, ma capace di un contatto con la radice profonda dell’esistenza. Uomo del fare, parlava con gli animali più che con noi. Nella sua durezza però ha lasciato cose importanti dietro di sé. Credo che l’esempio di quella generazione sia una grande lezione da recuperare e tramandare ai nostri figli».

Vino e arte. Di chi sono i versi che recita sul palco?

«Omero con l’Odissea, Dante con la Commedia e poi Baudelaire, Trilussa, Bukowski, ma anche Alda Merini o la Szymborska. Non è stata facile la scelta. Escludere Pavese, ad esempio, mi è costato molto. Tutti gli autori sono collegati allo stesso fil rouge che porta al sapere di cui era portatore anche mio nonno in modo viscerale. Tengo comunque a dire che nello spettacolo si ride. È come una festa e la dedico a quel parente molesto che abbiamo avuto tutti, quello che rovinava il Natale con la sua sbronza molesta».
Qui la musica è suonata da due artisti di rilievo.
«Marino è polistrumentista oltre che autore di tante colonne sonore, D’Alessandro un organettista di talento. Anch’io suonerò. Mi sono appassionato alle percussioni e studio da autodidatta. Spero di non disturbare i musicisti».
Il vino fa male, qualcuno vuole scriverlo sulle etichette delle bottiglie.
«Ci vuole buonsenso, non rendersi pericolosi per gli altri e mai mettersi alla guida. Ma viviamo in una società che c’impone di non perdere mai il controllo e io so, anche grazie al mio mestiere, quanto sia importante invece perdersi nelle nebbie per poi ritrovarsi. Ai normativi dico: vivere solo per produrre e consumare è una follia. Lasciateci lo spazio per godere, sennò qui è dura».