Serena Trivelloni, Stylo24

06/03/2023

«In vino veritas»: Vinicio Marchioni e l’arte di saper essere se stessi

Lavorare su se stessi e non avere paura di esprimere ciò si pensa, portare sul palco il coraggio di essere ciò che vogliamo. E’ quello che ha fatto Vinicio Marchioni nel suo spettacolo all’Auditorium di Roma «In Vino Veritas», 90 minuti intensi e raccontati tutti d’un fiato. Dentro questa rappresentazione c’è tutta la bravura e la preparazione di un attore che per una volta abbandona i panni del genere drammatico per calarsi in quelli forse più difficili per chi fa questo mestiere: i propri. Una piacevole scoperta, un viaggio che accompagna lo spettatore a vivere e respirare momenti di leggerezza «consapevole»: tra i protagonisti Baudelaire, Gaber, Alda Merini, Lucio Dalla, Gassman, Proietti, Dante e uno, il più significativo di tutti: Nonno Vinicio – per correttezza d’informazione Felice, diventato per tutti Vinicio – che ricorda per tanti aspetti il «Nonno Hollywood» della canzone di Enrico Nigiotti.

Quello delle passeggiate in campagna, delle saggezze antiche che si capiscono solo dopo averle perse, quello del cielo e della terra. Il nonno che insegna ad alzare lo sguardo, per provare a vedere oltre le cose. L’omaggio che Vinicio rende al nonno è sincero, puro, diretto, ogni tanto la voce viene tradita da un filo di emozione e fa emergere qualcosa di più della performance teatrale, regalandoci attimi di vera condivisione intima e personale.

Il tema del vino fa da leitmotiv a tutto lo spettacolo, sottolineandone però un concetto in particolare: il vino pone e riempie la distanza. Da quello che eravamo e che non siamo più, dall’ultima volta che ci siamo sentiti felici, dall’ultima volta che abbiamo sentito di amare, dall’ultimo sorriso o dolore. Un «pendolo» che oscilla costantemente tra la malinconia e la felicità, che ci riporta alla leggerezza della libertà, alla bellezza della poesia, all’ultimo sguardo che vorremmo non sentire distante.

Un incantevole omaggio a Lucio Dalla dei maestri Pino Di Marino e Alessandro D’Alessandro nel giorno del suo ottantesimo compleanno passando per Giorgio Gaber, il racconto dello zio morto al fronte per combattere i fascisti e la dedica alle donne con la celebre poesia «Sei bella» di De Pascalis. Un viaggio meraviglioso nella letteratura, nella musica ma soprattutto nell’umanità di un personaggio che riesce a raccontarsi a noi senza filtri, nella sua preziosa autenticità.

Il detto «In vino veritas» esiste e resiste, rispondendo secondo l’attore a un mondo di finzione social in cui siamo tutti sempre impegnati a mostrare la parte migliore – o peggiore – di noi senza conoscerci realmente per quello che siamo. Il fascino e l’importanza del vino sembrano risiedere nel legame inscindibile tra l’essere umano e l’arte, inteso come mezzo per arrivare a quel «γνῶθι σεαυτόν» (conosci te stesso) di matrice greca che porta a scavare nel profondo. In un’intervista a «Io Donna» afferma: «se una ragazza o un ragazzo cresce senza vedere un quadro, senza leggere una storia, senza ascoltare una musica che scuota nel profondo, senza possibilità di avere attraverso la cultura e l’arte uno specchio davanti in cui leggersi, guardarsi, ascoltarsi, come fa a conoscersi? A sapere chi è? Che origini ha?».

«In vino veritas» è un ritorno alle radici, ma anche un tacito invito per le generazioni future a non perdersi, a riscoprire le proprie origini e a sentirsi più vicini, più intelligenti, più vivi. E anche sabato sera la sua sensibilità e la sua bravura – senza attribuire particolari meriti al vino – sono riuscite a riempire la distanza. «Che sia di vino, di poesia o di virtù: come vi pare. Ma ubriacatevi». (Charles Baudelaire).