Roberta Calandra, Rewriters.it

31/08/2021

La passione secondo Marco Vergani, attore che ama abitare il dubbio. Il 24 settembre al Teatro Nuovo di Magenta

L'intervista a Marco Vergani ci svela non solo un uomo colto e sensibile, ma anche un attore che ama le sfide e che si interroga continuamente.

Marco Vergani si forma come attore all’École des maîtres con Giancarlo Cobelli e il Centro teatrale Santacristina diretto da Luca Ronconi, e lavora con i registi più importanti della scena italiana. Nel 2020 ha intrapreso la formazione analitica presso la Scuola di Psicanalisi Freudiana di Milano.

A breve una nuova data (24 settembre – MAGENTA teatro Nuovo) per la tua messa in scena di Una passione; come è cambiato in questo tempo recente questo tema dello spaesamento costante della relazione tra attore e pubblico?
Come è cambiato potrò forse intuirlo dopo alcune repliche. Non riesco ora a formulare un’ipotesi sensata o verosimile di come possa essersi trasformata questa relazione. Fra l’altro in questo spettacolo non esiste la quarta parete se non in alcuni momenti in cui il personaggio si astrae, in cui costruisce storie parallele seguendo un flusso continuo di pensieri che vanno dall’esperimento di Millgram sulla banalità del male, alle corse del parkour… È uno spettacolo molto complesso interpretativamente in cui ho anche dovuto recuperare il mio accento nordico per rendere questo personaggio un non attore e quindi il più comune possibile.

Il monologo è parte di una trilogia che avete denominato dell’essenziale e che riscuote da un po’ ampi consensi: cosa è ancora essenziale in questo lavoro? Il monologo la nipote di Mubarak a quale attualità si riferisce?
Essenziale perché provata in spazi non convenzionali, con pochissimi elementi in scena, adattabile in tutti gli spazi. Dal punto di vista metaforico essenziale perché nata dal desiderio comune di creare insieme con poco, senza metterci nell’attesa delle logiche produttive. Facciamo, poi vedremo che ne faremo. Ma come si dice: fra il lusco e il brusco sono quasi quattro anni che un teatro qui una cantina là… portiamo avanti la baracca fino a New York !Sono sempre solo sul palco ma in veste di esecutore. Con me in scena ci sono tutti i contributi artistici di Vinicio Milena Valentina. Non lo dico per fare retorica lo penso onestamente. Per questo anche se devo fare una replica in un teatro meno ‘stellato’ la faccio sempre a culo stretto, con la bava alla bocca, difendo la preziosa trilogia. L’eternità dolcissima di Renato Cane tratta il tema della morte. Una passione quello della banalità del male. La nipote di Mubarak di sparizioni forzate.

A breve tornerai finalmente con Latini al Metastasio: si parla di una armata brancaleone che rievoca la purezza dei bambini, che ruolo avrai e che esperienza complessiva dell’operazione?
Interpreterò Teofilatto che nel film spettava a Gianmaria Volontè. Ma negli spettacoli con Latini non ci sono protagonisti, si possono avere più o meno battute come disegno drammaturgico, ma il genio di Roberto è la capacità di dare spessore e rilievo anche ad una frase del testo secondaria, a trasformare un lottatore di sumo in un’etoile della Scala.

Marco Vergani è un attore che nel panorama nazionale spicca per raffinatezza, originalità e cultura: come la tua formazione psicoanalitica influenza il tuo lavoro di artista e viceversa?
Grazie per le tue parole intanto! Inizio a settembre il mio secondo anno alla SPF. Sono alle mia centosessantacinquesima seduta personale di analisi didattica. Perché è previsto che così come inizi la scuola inizi subito l’analisi personale. In un anno sono cambiate tante cose. Dopo aver studiato l’interpretazione dei sogni e cominciando a capire cos’è l’inconscio la mia porta di accesso ai testi teatrali è un’altra. Anzi non è neanche più una porta, sono tante finestre.

Le ultime vicende storiche hanno posto una attenzione al tema della sicurezza nel contatto che di certo ha per tutti i protagonisti e i fruitori del teatro un forte impatto. Quale è il tuo vissuto in materia?
Sono un po’ spaventato. Non mi aspettavo questa rabbia cugina di una frustrazione che non ha che fare col covid. Questa modalità binaria di approcciare alle cose, dei “mi piace” “non mi piace” dei social, delle palette alzate dei talent, ci ha resi incapaci di stare nel mezzo, di sospendere il giudizio, di abitare il dubbio. La questione non è vax o no vax, non c’entra un cazzo. Ho da poco condiviso il pensiero apartitico e non polemico di un mio amico medico di base gastroenterologo studioso di medicina cinese ed ho perso un paio di amici. Uno di loro con violenza mi ha anche scritto in privato: recita e non diffondere cose di cui non sai un cazzo. Per poi bloccarmi. Ormai è una patologia: si confonde la vita vera con quella dei social con le pretese di una restituzione di una verità che non appartiene per nulla al reale. Ci sono tante, troppe contraddizioni. La più eclatante per rimanere nel luogo teatro è stata cinema e teatri in massima sicurezza, chiusi, chiese e ikea non aperte ma spalancate. Tutti pronti ad alzare la paletta: si/no. Io: boh.

Roberta Calandra, Rewriters.it

31/08/2021

Rassegna Stampa