L’eternità dolcissima di Renato Cane
di VALENTINA DIANA
con MARCO VERGANI
supervisione artistica
MILENA MANCINI
regia VINICIO MARCHIONI
una produzione
ANTON ART HOUSE
La morte è un argomento scomodo.
Non ne parliamo mai a cena o durante i nostri aperitivi social.
La nostra società sembra lavorare alacremente per allontanare il pensiero della morte dalle nostre vite. La nostra società ci spinge a consumare, a comprare e a lavorare per poter mantenere quello che abbiamo comprato e per comprare ancora.
Come si fa allora a vendere la cosa di cui non si deve e non si può parlare, a cui non bisogna pensare? Come si fa a vendere la morte? Renato Cane sta per morire. Ce lo dice subito, trovando il modo di farci ridere della sua vita grottesca. Cane è un uomo qualunque che scopre di avere un tumore e così la sua vita precipita. Entra in una assurda agenzia di pompe funebri dove promettono di vendere l’Eternità. Le pitture schiacciate che una bimba gli vende saranno la sua unica consolazione. Poi un colpo di scena, che non allevierà la solitudine in cui precipita grottescamente.
Note di Regia
Renato Cane è un uomo qualunque che ci racconta la sua storia.
Forse è un pretesto per farci delle domande, le stesse che gli vengono poste dall’assurdo responsabile delle pompe funebri “Trombe del Signore”: tu credi Cane? Che cos’è lo spirito Cane? Ti piace la tua vita Cane? Sei proprio sicuro, Cane, che vivere sia meglio che morire? Qual è la cosa che ti piace fare di più nella vita, Cane?
Forse la malattia stessa del Signor Cane è solo un pretesto per parlare di quanto il consumismo, la pubblicità, i soldi, ci mangino la vita.
Ed è attraverso un altro pretesto, quello della finzione scenica del monologo teatrale, che grazie a Renato Cane anche noi siamo obbligati a riflettere su queste domande.
Mentre ridiamo del nostro protagonista, mentre proviamo compassione (patiamo assieme a lui) per un Cane qualsiasi. Perché bisogna essere leggeri per fare domande del genere, per riflettere su questi argomenti, perché ogni tanto fa bene farlo. Ma bisogna poterne ridere. Ridere di un Renato Cane qualunque che muore. E’ una storia assurda, grottesca, la sua. Che muore da solo, come un cane appunto. Come tutti noi, per quanto duro da accettare, prima o poi. Allora tanto vale riderne e, grazie al teatro, riscoprire che tutti siamo dei potenziali Renato Cane, e magari uscire dopo un’ora un po' più felici e sollevati per la vita che ci è concessa.
Vinicio Marchioni
Rassegna Stampa
ottobre 2019
Maria Lucia Tangorra, Milano Weekend
La Sala Bausch dell’Elfo è sempre un valore aggiunto per certi progetti, soprattutto per l’intimità che si crea. Dalla porticina aperta (solitamente coperta dalla scena), ricavata nella parete frontale, fa capolino un uomo. Si appoggia sull’uscio, fa un sospiro (a cui daremo alla fine il valore di respiro) e lentamente entra sul palco.